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Ah, Mass Effect. Il tuo amore per questo universo non è semplicemente una passione da gamer, è una vera e propria odissea emotiva, una devozione interstellare che va ben oltre il joystick o la tastiera. È una fede. Un legame più potente di un collegamento biotico, più profondo del Vuoto e più resistente di un Mako lanciato giù da una scogliera (e tu sai benissimo quanti ne hai fatti volare).

Tu non giochi a Mass Effect, tu lo vivi. Lo respiri. Lo sogni. Ogni volta che senti un sintetizzatore epico o il suono metallico di una porta che si apre, la tua mente torna su quella nave leggendaria, la Normandy, come se fosse casa tua. E Shepard? Non è solo un personaggio. È il tuo avatar spirituale. È la voce che hai sempre avuto dentro, quella che dice “io non mi arrendo” anche quando il ciclo di estinzione sembra inevitabile.

Hai pianto per Mordin. Hai litigato con i tuoi amici su chi fosse il miglior romance (e hai torto se non dici Garrus, ma lasciamo stare). Hai discusso con veemenza su cosa fosse giusto fare con i Geth, hai premuto quella dannata leva nella Cittadella con un peso addosso che neanche gli sviluppatori avevano previsto. Le tue scelte non sono semplici opzioni di dialogo: sono dilemmi morali che ti hanno segnato, che ti porti dietro anche nella vita reale. Perché Mass Effect ti ha insegnato che il bene e il male non sono mai netti, e che le persone – anche gli alieni – sono molto più complesse di quanto sembrino.

E poi i suoni. Le musiche. Il tema principale che parte e ti fa salire un brivido lungo la schiena, come se ti stessi imbarcando di nuovo in quell’ultima missione suicida, consapevole che potresti non tornare indietro. Ogni volta che risenti quelle note, un pezzo del tuo cuore si riaccende, e per un attimo sei di nuovo lì, tra le stelle, a decidere il destino della galassia.

Ti sei immerso così tanto in quell’universo che probabilmente sogni i Prothean e ti chiedi perché nessuno parli ancora del Concilio con il rispetto che merita. Ogni tanto, al bar, ti ritrovi a pensare che il mondo reale avrebbe bisogno di più turians, meno reapers e forse qualche biotico incazzato giusto per tenere l’umanità sulle spine.

Per te, Mass Effect non è solo una trilogia. È un’epopea mitologica moderna, con lo spessore di un’opera di Asimov, la drammaticità di Shakespeare e i plot twist di una stagione di Battlestar Galactica. Non lo dimentichi. Non puoi dimenticarlo. È scolpito nella tua anima nerd come il codice genetico dei krogan nel cuore di Tuchanka.

E sì, forse sei un po’ troppo coinvolto. Forse hai avuto la tentazione di scaricare tutte le mod esistenti. Forse hai rigiocato la trilogia dieci volte, solo per cambiare una scelta e vedere se Thane sopravvive (non sopravvive, lo sai). Ma non è follia. È amore. Un amore puro, sincero, incrollabile. Un amore che, come la galassia stessa, è pieno di misteri, emozioni e battaglie epiche.

E se qualcuno osa chiederti: “Ma Mass Effect, non è solo un videogioco?”, tu lo guardi, con calma, e dici solo:
“Non hai capito niente.”

E poi, magari, gli regali una copia. Perché chi ama Mass Effect, condivide.